04/03/12

Uomo

La luce viola rendeva l'interno del bar simile ad una scena di "Pulp Fiction" e la musica in sottofondo, alta ma non eccessivamente, rendeva gradevole anche il silenzio, talvolta imbarazzato, che c'era in alcuni dei tavolini all'interno del locale.

"E' così che andata, dovresti credermi, amico" disse l'uomo schiarendosi la voce dopo aver scolato l'ultimo sorso di quello che era stato fino a pochi istanti prima un bicchiere di sambuca liscia "Già, amico: così. Decisamente così".
L'uomo si alzò dal tavolino del bar e si sfogò a voce alta attirando l'attenzione di tutti i presenti: "Questo mio amico non vuole più ascoltarmi. Sentitemi voi".

Il vocio che si era creato si interruppe come d'incanto, tutti gli occhi si portarono sull'uomo. Lui parve compiacersi di ciò, ma non sembrò sorpreso per nulla dell'essere riuscito ad attirare l'attenzione su di se.
L'uomo continuò: "Un giorno decisi che avrei dovuto imparare a parlare, perché tutti vogliono sapere fare bene due cose. La seconda è parlare bene. Specialmente in pubblico. E alle donne piace pure più della prima" disse sollevando le sopracciglia come a voler rimarcare l'allusione. Forse in maniera eccessiva, perché il riferimento sessuale era talmente esplicito dal rendere futile persino ammiccare.

Qualche sorriso dal pubblico occasionale gli diede ancora più consapevolezza e si sentì in diritto di continuare a parlare: "Parlare in pubblco non è mai facile. Bisogna riuscire a dosare bene le parole, i tempi e i modi. Ogni frase dev'essere necessaria e unica. O almeno deve lasciare questa impressione a chi ti ascolta. Almeno il tempo necessario a completare la frase seguente. E se ci riesci.. be' allora sei felice. Ma se non ci riesci... - abbassò il tono come a volersi dissociarsi da ciò che stava per dire - ...allora cazzo... - il tono tornò normale - sono davvero problemi".

Fece un cenno al barista per indicargli di riempire ancora, per l'ennesima volta, il bicchiere ormai vuoto.
"Per imparare a parlare mi sono chiuso in stanza da solo, era d'autunno, lo ricordo ancora come fosse ieri, uscivo pochissimo in quel periodo, ma non ho mai parlato così tanto come in quel momento. Sempre solo. Mi preparavo lunghi discorsi, su qualsiasi materia, contro-argomentavo ogni singola frase che dicevo per essere eventualmente pronto a ribattere chi mi avesse criticato, aggiustavo parole, mi allenavo a non ripetere due volte lo stesso vocabolo nella stessa frase".

Il barman intanto aveva riempito nuovamente il suo bicchiere, un lieve cenno col capo dell'uomo servì per ringraziarlo.

"E così amici miei, sono diventato quello che sono oggi..." interruppe con una pausa volutamente ad effetto e sollevò il bicchiere come a voler brindare alla salute degli astanti.
"Un uomo.." altra pausa. Questa volta meno calcolata.
Poi l'uomo si guardò intorno.
Il bar si svuotò come per magia. Le luci si spensero.
Divenne completamente buio.

L'uomo si sedette di nuovo sulla sedia su cui stava prima e parve rifiatare.
La luce si riaccese, l'uomo era in una stanza. Solo. Di fronte ad uno specchio. Si schiarì nuovamente la voce e riprese da dove aveva lasciato: "... un uomo solo. Capace a parlare. Ma con nessuno che lo ascolti ancora. E senza più nulla da dire".

Prese in mano il bicchiere finì in un unico grande sorso la restante sambuca e lo scaglio con forza contro lo specchio, frantumandolo in mille pezzi.

Poi urlò disperato: "E anche tu, tu che eri lì dentro, non sei mio amico. E non mi credi. Per niente. Nonostante io sappia parlare. Nonostante io ti voglia parlare..."