
Chiara stava seduta in bagno guardando bruciare la sigaretta che stringeva tra le mani.
Fumare, in quel periodo, le serviva per distendersi un po'. E funzionava anche.
Forse, però, usava le sigarette più come amuleto che per una reale necessità fisica.
Ma non le importava granchè. Non in quel momento per lo meno.
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Ho ben altri problemi per la testa che pensare al fatto che tra 20 anni potrei star male per questa sigaretta in più" si ripeteva fin quasi a convincersene. Come se nel tabacco ci fosse davvero una risposta alle domande o un aiuto per risolvere i problemi che, per lei, in quel momento, erano così grandi.
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Mi serve e mi rilassa! Tu dovresti farti anche un po' gli affari tuoi..." diceva stizzita a chi le chiedeva di darsi una regolata. Si comportava da isterica, forse lo stava realmente per diventare.
Dentro di lei vedeva la sigaretta come una metafora della sua storia con Andrea.
La loro storia, come una sigaretta, è iniziata da una fiamma accesa e, come una sigaretta fumata "
un tiro a testa" quando si ha 16 anni, aspirata a pieni polmoni da entrambi i fumatori/amanti.
Chiunque abbia provato a fumare una sigaretta "
un tiro a testa" con qualcuno, sa che i primi tiri sono talmente pesanti che ti invadono la testa, riempiendotela di fumo e di sapore.
I tiri seguenti servono per saziare la voglia di entrambi di fumo.
Gli ultimi tiri, quando oramai il filtro è ridotto ad un colabrodo dall'avidità dei due fumatori, invece bruciano come il fuoco.
Da quel momento si aspira fumo caldo, quasi bollente che, a volte, scotta le labbra di uno dei fumatori.
Poi la sigaretta viene gettata a terra. Uno dei due la calpesta. E nessuno ci penserà mai più.
Ma nel pacchetto restano altre sigarette. E, piano piano, si può imparare a fumarle con più calma. Capito, Chiara?
[P.S. Leggiti anche (e fai leggere)
il post sulla Strage di Bologna che Libero pubblicherebbe se fosse un giornale serio]